[dal gr. ἀνάλυσις, etimologicamente “decomposizione“] – “La scuola di Platone, e poi d’Eudosso, dà un particolare significato logico e metodologico al procedimento “analitico” che si mette in opera nella risoluzione dei problemi geometrici […] L'”analitica” platonica dei problemi diventa in Aristotele l’analitica della scienza dimostrativa (Analytica priora e posteriora). Nella quale si tratta di analizzare regressivamente le condizioni generali del procedimento dimostrativo d’un ordine di verità scientifiche, riconoscendo: 1° il tipo logico dei passaggi deduttivi, che viene ricondotto al “sillogismo”; 2° i principî (definizioni, assiomi, postulati), a cui il regresso mette capo […] In un senso modificato il termine aristotelico analitica è stato ripreso da Kant, in quella parte della Critica della ragion pura che costituisce l'”analitica trascendentale”; dove si analizzano le condizioni della possibilità della scienza: non già cercando, nel mondo degli enti o delle idee, le verità primitive da cui si deducono le altre, ma invece esaminando le operazioni della mente che sono presupposte nel processo scientifico della ricerca e della dimostrazione […] La parola “analisi” ha un significato tecnico particolare anche in altre scienze, fuori delle matematiche. Per esempio nella chimica, ove pare sia stata introdotta da Roberto Boyle. Qui la “decomposizione” va intesa in senso materiale. Infatti, primo nella scienza moderna, Boyle, in opposizione alla veduta aristotelica della sostanza come insieme di qualità (o forme) inerenti a un sostrato indifferente (materia), ha considerato le diverse specie di materia come resultanti dalla combinazione d’un certo numero di corpi semplici o elementi, irreducibili nell’esperienza chimica: l’analisi della sostanza è chiamata appunto a separare questi componenti”.
(Treccani, Enciclopedia on-line)
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